Io e il voto: cosa apprendere dagli esiti del primo quadrimestre
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Cari studenti,
vi ho chiesto questo tempo insieme per parlare di una cosa che, volenti o nolenti, riguarda tutti: il voto.
Non per giudicarvi un’altra volta, ma per chiederci:
“Che cosa posso imparare da quello che è successo in questo primo quadrimestre?”
Perché se il voto resta solo un numero, abbiamo perso tutti: voi, noi docenti, la scuola.
1. Il voto non è una sentenza, è una fotografia
Parto da qui: il voto non dice chi sei, dice dove sei arrivato finora in un certo tratto di strada.
- Non è un giudizio sulla tua intelligenza o sul tuo valore come persona.
- È una foto scattata in un momento preciso, con tutte le luci e le ombre di quel momento.
- È imperfetto, parziale, discutibile. Ma è comunque una informazione che può esserti utile.
Quello che vorrei è che usciste da questa conversazione con un’idea chiara: la pagella del primo quadrimestre non è un verdetto definitivo, è una base di lavoro.
2. Le emozioni davanti al voto
Quando escono i voti succedono tante cose:
- C’è chi tira un sospiro di sollievo.
- C’è chi si arrabbia, con se stesso, con i prof, con la scuola.
- C’è chi si chiude, si vergogna, si sente “meno degli altri”.
- C’è chi pensa: “Tanto io sono così, non cambierà mai”.
Tutte queste reazioni sono umane.
Quello che conta non è “non provare emozioni”, ma non fermarsi alle emozioni.
La domanda che vi propongo è:
“Dopo aver provato quello che provo, che cosa posso fare con questo voto?”
3. Tre errori frequenti nel leggere i voti
a) Confondere il voto con la propria identità
“Ho preso 4, quindi sono un disastro.”
No. Hai preso 4 in quella verifica, in quel giorno, su quegli argomenti.
Tu sei molto di più della media aritmetica dei tuoi voti.
b) Usare il voto solo per confrontarsi con gli altri
“Lui ha 8, io ho 6: valgo meno.”
Il confronto può stimolare, ma può anche bloccare.
Quello che conta è: rispetto a te stesso, che storia stanno raccontando questi voti?
c) Leggere il voto solo come premio o punizione
Se vediamo il voto come “carota o bastone”, ci perdiamo la parte più importante:
il voto come indicatore di percorso, come segnale che dice “qui stai funzionando, qui no”.
4. Come leggere la scheda (“pagella”) del primo quadrimestre
Quando avrete davanti i vostri voti, provate a fare questo esercizio, materia per materia:
A. Che cosa funziona?
Dove i risultati sono buoni o in crescita? Cosa hai fatto, concretamente, in quelle materie?
B. Dove faccio più fatica?
È una questione di metodo? Di tempo di studio? Di attenzione in classe? Di assenze? Di
motivazione?
C. Che cosa posso cambiare da subito?
Non “da domani divento un’altra persona”, ma un cambiamento concreto e realistico:
- Inizio a studiare il giorno stesso, non la sera prima.
- Chiedo spiegazioni quando non capisco.
- Mi organizzo con un compagno per ripassare insieme.
D. Di che aiuto avrei bisogno?
Nessuno cresce da solo: ci sono i docenti, i compagni, la famiglia.
Chiedere aiuto non è un segno di debolezza, ma di responsabilità.
5. La responsabilità è condivisa
Voglio essere chiaro: la scuola di certo non si lava le mani dicendo “se avete preso certi voti è solo colpa vostra”.
Dietro agli esiti del primo quadrimestre ci siamo:
- voi, con il vostro impegno, le vostre fatiche, i vostri limiti, le vostre potenzialità;
- i docenti, con il loro modo di spiegare, di valutare, di chiedere;
- la scuola, con l’organizzazione, i tempi, i supporti che mette a disposizione;
- le famiglie, con le aspettative e i sostegni.
Per questo oggi non vi sto dicendo:
“Dovete impegnarvi di più e basta”.
Vi sto dicendo:
“Proviamo a fare tutti un passo in avanti: voi, noi, la scuola, leggendo i voti come un materiale di lavoro, non come un tribunale.”
6. Il primo quadrimestre come metà di partita
Pensate a una partita: alla fine del primo tempo l’allenatore guarda il risultato, ma guarda anche come state giocando.
- Se siete in vantaggio ma avete mollato, c’è da lavorare.
- Se siete in svantaggio, ma la squadra sta iniziando a girare, si può ancora ribaltare.
- Se alcuni giocatori sono “spenti”, si cerca di capire perché.
Il primo quadrimestre è questo: un intervallo per aggiustare la rotta.
Vi chiedo di non cadere in due trappole opposte:
- “Tanto va già tutto male, non ha senso provarci.”
- “Va abbastanza bene, posso abbassare l’attenzione.”
Quello che conta è: che cosa voglio che sia vero di me a giugno?
E che passi concreti posso fare da qui a lì?
7. Che cosa mi aspetto da voi, come dirigente
Da dirigente, più che voti alti o bassi, mi interessa vedere in voi:
- la capacità di farvi domande sui vostri risultati;
- la disponibilità a mettere in discussione alcune abitudini che non funzionano;
- il coraggio di parlare con i docenti, non solo di “che voto mi mette”, ma di che cosa potete fare per migliorare;
- il rispetto per voi stessi: evitare di definirvi con frasi tipo “sono un disastro, sono un caso perso”.
Il Kennedy, la scuola che frequentate, prepara al lavoro, alla cittadinanza, alla vita.
Nel lavoro, nella vita, non conta solo il “voto”: conta la capacità di leggere la realtà, reagire, riorganizzarsi.
8. Adesso tocca a voi: il lavoro di gruppo
Dopo questa comunicazione, non voglio che usciate con un’altra “lezione frontale” in testa.
Per questo adesso vi chiederò di lavorare in piccoli gruppi.
L’obiettivo non è parlare “dei voti in generale”, ma della vostra esperienza concreta.
Conclusione
Vorrei che, tornando a casa, non pensaste soltanto:
“Oggi abbiamo parlato di voti.”
Mi piacerebbe che qualcuno di voi potesse dire:
“Oggi abbiamo provato a capire che rapporto voglio avere io con il mio voto, e che cosa posso farne per crescere.”
Se ci riusciamo, allora il primo quadrimestre – con tutti i suoi numeri, i suoi alti e bassi – sarà servito davvero a qualcosa.
IL DIRIGENTE SCOLASTICO
Piervincenzo Di Terlizzi
